Il campione ritrovato
Domenica 10 marzo rimarrà negli annali dello sport italiano perché l’Italia del golf ha ritrovato un campione. Il veronese Matteo Manassero, ormai quasi 31enne, è infatti tornato al successo quasi undici anni dopo l’ultimo ottenuto nel massimo circuito europeo. Il predestinato, l’”enfant prodige” che aveva stupito il mondo aveva scritto il proprio nome nell’albo d’oro del Castello Masters, in Spagna. All’epoca aveva solo 17 anni, 6 mesi e 5 giorni e correva la stagione 2010. Il giocatore di Negrar (Vr) si era poi confermato nel 2011 vincendo il Malaysian Open; quindi nel 2012 al Barclays Open ed ancora nel 2013 quando aveva trionfato nel prestigioso nel BMW PGA Championship.
L’astinenza e il campione ritrovato
Da quella vittoria tanto risonante sono trascorsi ben 3.942 giorni prima di rivedere il campione ritrovato, Matteo Manassero, con un trofeo importante, quello del Workwear Open di Johannesburg, in Sudafrica. L’azzurro è partito bene nella quattro giorni speciale che l’ha riportato al termine tra i top 200 del ranking mondiale. Alla fine del 2° giro ha preso la testa della gara e l’ha tenuta, lottando contro tutto e tutti e dimostrando che nello sport, come nella vita, perseverare e continuare a crederci può fare la differenza. In chiusura di giornata, dopo un’interruzione per tuoni e fulmini, quasi come se il cielo volesse partecipare alla sua impresa, ha messo l’ultimo di quattro birdie di fila, gettato il cappellino a terra e gioito.
Il pensiero a fine gara di Matteo Manassero
A caldo ha detto “non voglio nemmeno pensare a quanto è successo”. Doveva metabolizzare, dopo aver vissuto tante stagioni nell’anonimato, aver sofferto per la grande attesa non mantenuta, essersi involuto anche tecnicamente. Ad accompagnarne il risveglio la grande passione per il golf e nel fondo dell’animo il sapere di essere stato un giovane campione e poterlo ridiventare ad un’età matura ma per il golf perfetta per dare ancora molto. In tanti gli hanno fatto sinceri complimenti e il mondo dello sport in genere si è stretto attorno a lui, anche ai massimi vertici, Malagò (presidente del CONI) e Chimenti (presidente della FIG) in testa.