Sinner nella bufera

Sinner nella bufera

Sinner nella bufera

Tempi duri per il n° 1 del mondo del tennis Jannik Sinner nella bufera per due controlli risultati positivi al test antidoping. Il periodo incriminato è relativo allo scorso marzo, quando il campione altoatesino era in gara nel Masters 1000 di Indian Wells, primo appuntamento del “Sunshine Double”. La sostanza incriminata è il Clostebol, uno steroide, entrata nel corpo dell’atleta attraverso i massaggi praticati senza guanti dal suo fisioterapista, Giacomo Naldi. Lo stesso si era tagliato un dito con uno strumento di lavoro ed era ricorso per curare la ferita ad una pomata (farmaco da banco) procuratagli in farmacia da Umberto Ferrara, preparatore atletico di Sinner. Così ha preso forma la contaminazione che ha fatto rilevare nelle urine del giocatore la presenza della sostanza in bassissima concentrazione. Un’indagine indipendente della Tennis Integrity Agency (Itia) ha giudicato Sinner innocente per un’assunzione inconsapevole.

Cinque mesi vissuti tra i dubbi

L’accaduto ha gettato Sinner nella bufera questa volta non tanto mediatica, poiché la notizia è stata nella maggior parte dei casi trattata con obiettività, quanto per le reazioni sui social. Tutti o quasi, appartenenti ai più disparati mondi, vedi Heather Parisi che con il tennis non ha mai avuto particolari “agganci”. Molti colleghi di Jannik si sono precipitati a dire la loro. Nick Kyrgios, ormai da tempo in attesa di rientro (se mai ci sarà) è stato particolarmente duro. Ha detto che l’azzurro avrebbe meritato (consapevole o no di aver assunto la sostanza) due anni di squalifica. Molto critico anche Denis Shapovalov. Al coro dei critici si è aggiunto John McEnroe. Si è detto colpito e si è chiesto perché siano passati mesi dal momento della riscontrata positività a quello della “pubblicità” della notizia. Atleti di altri sport si sono lamentati per il diverso trattamento riservato a Jannik, che ha continuato a giocare in attesa della sentenza emessa dal tribunale indipendente. Ricordiamo che l’attuale numero 1 del mondo ha centrato la storica posizione proprio durante questi mesi critici dimostrando di avere una solidità mentale non comune.

Sinner nella bufera dimostra che occorrono maggiori certezze nel settore

Ricordati i giudizi di parte, astrusi o meno, la vicenda di Sinner nella bufera apre un dibattito legittimo sulle modalità di azione quando si presentano casi di questo tipo. O si sospendono gli atleti indipendentemente dal loro livello o non si effettua la sospensione fino alla sentenza. L’organo giudicante deve a nostro parere essere uno solo e non più d’uno. Altrimenti nasce una sorta di “tormentone” come potrebbe accadere nella vicenda di Sinner. Qualora la WADA (organizzazione internazionale che opera nell’antidoping) o la NADO (la sua corrispondente in Italia) decidessero di fare appello alla decisione del Tribunale Indipendente. Come già accaduto qualche anno fa con il caso di Sara Errani). Nello specifico Jannik Sinner giocherà gli US Open, iniziati ieri, con un’altra “spada di Damocle” sulla testa. Il termine ultimo per presentare l’appello è il 6 settembre, giornata nella quale l’azzurro potrebbe essere impegnato nelle semifinali dello Slam americano. Dove non ci sono certezze non possono a nostro parere nemmeno esserci azioni che rischiano di rovinare l’immagine di un atleta con tutto ciò che ne consegue. Il doping, purtroppo, è un male dello sport e richiede atti di giustizia che non possano generare dubbi e il più veloci possibili.