Scoperta in Ruanda una fossa comune con 30mila cadaveri
Il Coronavirus non ferma l’orrore. Ad oltre venticinque anni dal genocidio in Ruanda, nel quale furono uccisi 800mila tutsi e hutu, i quali tentarono di proteggere i primi, le autorità del piccolo paese centrafricano tra Congo e Tanzania hanno scoperto una diga che potrebbe contenere fino a 30mila cadaveri.
La fossa comune viene considerata la più grande mai scoperta nell’ambito delle ricerche su genocidio perpetrato tra i primi di aprile e metà luglio del 1994, quando i francesi intervennero con quella che fu chiamata Operazione Turquoise, una missione umanitaria sotto l’egida Onu. Con il Paese alla prese con la chiusura totale per la pandemia da Covid-19, sinora sono stati esumati 50 cadaveri. Il tutto nei giorni del 26° anniversario del genocidio con celebrazioni diffuse via tv e social media visto che i raggruppamenti di persone sono vietati.
La scoperta della fossa comune è dovuta alla scarcerazione di alcuni condannati per il genocidio che hanno fornito nuove informazioni, nonché alle testimonianze degli abitanti dell’area. La diga contiene acqua, quindi le autorità hanno fatto sapere che tenteranno di svuotarla per recuperare i resti umani e seppellirli.