Referendum cannabis, il Governo verso la proroga

Referendum cannabis, il Governo verso la proroga

Un record di democrazia. Così è stato definito il referendum sulla cannabis, che in pochissimi giorni è riuscito a raccogliere più di mezzo milione di firme virtuali dei cittadini. Questo risultato ha rischiato però di andare in fumo. Infatti, per colpa di alcuni comuni inadempienti, un sostanzioso quantitativo di firme non è arrivato alla Corte di Cassazione entro le date previste. Il motivo è presto detto. Dopo aver firmato per la causa ed aver effettuato il login con Spid o con la carta d’identità digitale, il comune in cui abitiamo deve terminare il processo, dimostrando la validità del nostro voto. Purtroppo, però, sappiamo benissimo quali sono i problemi dell’amministrazione pubblica italiana. Un grande sforzo che sarebbe diventato vano, se non fossero intervenuti per modificare qualcosa.

Referendum cannabis, la soddisfazione dei promotori

Una proroga di 30 giorni ha salvato il referendum. Ora i comuni avranno tempo fino alla fine di ottobre per terminare i lavori di riconoscimento delle firme. All’inizio sembrava che il Governo non volesse concedere nulla. Poi il dietrofront. Ieri, il comitato promotore della raccolta firme si è raggruppato in protesta in un presidio sotto palazzo Montecitorio, per chiedere ai politici la suddetta proroga. L’annuncio è stato accolto con aria di festa tra gli organizzatori, che stavano addirittura iniziando uno sciopero della fame. Marco Cappato, uno dei fautori della raccolta firme e già in quella dell’eutanasia, ha dichiarato: “Mi sembra un passo molto importante, in questo modo il governo difende l’istituto referendario e il diritto delle persone ad esprimersi sul tema”.

I problemi dei comuni

In precedenza, i promotori se l’erano presa con i comuni che non avevano svolto il loro lavoro. “Non stiamo chiedendo un favore o un privilegio ma una riparazione ad un danno che è già stato fatto, perchè molti comuni non hanno restituito le firme certificate entro le 48 ore, termine improrogabile per legge” lamentava Riccardo Magi, deputato di +Europa. Il comitato ha dovuto diffidare 1400 comuni italiani, perchè rispondessero entro le 48 ore stabilite dalla legge.