Pillole di Olimpiade

Pillole di Olimpiade

Pillole di Olimpiade

A Parigi, le pillole di Olimpiade sono tante. Ognuna rappresenta una storia, bella o meno bella da raccontare. Quelle dei nuotatori che sono arrivati all’oro, prima Martinenghi e poi Ceccon, sono l’apice del tutto. Esaltano i protagonisti e tutti coloro che ne sono stati in qualche modo partecipi. Sono il sogno concretizzato di ogni atleta, non calciatore, che vive quattro anni per provare ad entrare nella storia. La medaglia è l’obiettivo “minimo”, quella più pregiata il massimo. C’è anche chi, sfiorato il podio, sa sorridere, come la Pilato, ad un solo centesimo dal bronzo e dopo la miglior prestazione di carriera: “Un quarto posto che vale oro” – ha detto. Chapeau, come recitano i francesi.

Tra le pillole di Olimpiade la delusione di Filippo Macchi

Perdere una finale olimpica per una decisione o meglio non decisione dei giudici è difficile da mandare giù. Dovrà farlo il 22enne toscano di Navacchio, Filippo Macchi, talento cristallino. Lo ha dimostrato grazie ad un percorso stellare che lo ha portato in finale a suon di vittorie contro grandi avversari. Nell’assalto per l’oro ha dato il massimo ma non è bastato perchè i giudici prima non hanno scelto, poi l’hanno fatto in favore del già campione olimpico, Ka Long Cheung. Grande atleta, certo, ma “Pippo” figlio e nipote d’arte lo aveva battuto. I giudici dagli occhi a mandorla l’hanno fatta grossa. La rabbia del clan azzurro al termine è più che giustificata, con tanto di protesta ufficiale del presidente FIS Paolo Azzi e dopo la furia del CT Stefano Cerioni a fine assalto. Un brutto episodio che ha privato Filippo di un oro meritato e acceso ancora di più i riflettori sulla discrezionalità della scherma, nonostante le moviole. Il “pasticcio” asiatico rimane tale e genera dubbi anche sulla buona fede dei chiamati a giudicare. Per chi scrive, che conosce da sempre la famiglia Macchi, Filippo ha vinto il metallo pregiato.

Nadal, forse è il momento per dire basta

Le pillole di Olimpiade sono anche amare. L’evidenza è davanti agli occhi di tutti. Rafael Nadal non è più Rafael Nadal, neppure nella sua Parigi. Nel 2° turno del draw di singolare ha mandato in campo la sua controfigura in quella che avrebbe dovuto essere la sfida delle sfide contro il suo avversario di sempre, Novak Djokovic. La sessantesima rappresentazione dell’epocale confronto non ha avuto storia, nemmeno nel secondo set quando Rafa dallo 0-4 è risalito sul 4-4 a causa di un momento di buio di Nole. Non appena il serbo ha rimesso la testa in campo ecco arrivare i due game decisivi per chiudere 6-1 6-4 la pratica e salire negli ottavi. Il confronto a tratti è sembrato impari, con Nadal in affanno e Novak in controllo totale. Non una bella immagine per il 14 volte campione del Roland Garros che al termine, in zona mista, si è arrabbiato con i giornalisti. “Rei” di fargli sempre la stessa domanda…quando appenderà la racchetta al chiodo? Forse è giunta l’ora di farlo perchè i Re non devono mostrarsi “nudi” e indifesi, per rispetto prima di sè stessi e poi del “popolo” che li ha tanto amati. In questo momento il Nadal che scende in campo non rende onore al proprio passato e anzi lo fa apparire molto lontano. Meglio smettere se non si è più competitivi e riconoscere la realtà.