MotoGP: Iannone non ha barato, ma viene squalificato 18 mesi per doping
Innocente ma colpevole. E’ la contraddizione della sentenza della Commissione Disciplinare Internazionale della federmoto mondiale che condanna Andrea Iannone a 18 mesi di squalifica per doping. Al pilota abruzzese dell’Aprilia MotoGP, risultato positivo al doping per uno steroride anabolizzante a un controllo il 3 novembre scorso nel Gran Premio della Malesia, è riconosciuto il fatto di aver mangiato inconsapevolmente carne contaminata, ma non potrà scendere in pista fino al 16 giugno 2021 per omesso controllo. Insomma, avrebbe dovuto accertarsi che la carne fosse “pulita”.
«Un atleta deve andare con i chimici al ristorante? – ironizza l’avvocato Antonio De Renzis -. I giudici ci hanno dato ragione, ma al tempo stesso condannato. Siamo comunque soddisfatti perché è stata riconosciuta la contaminazione alimentare, un fatto che viene utilizzato come discriminante per il proscioglimento al Tribunale Arbitrale di Losanna» al quale Iannone si appellerà. «Molti atleti hanno raggiunto questo risultato. Abbiamo fiducia che il Tas possa riportare la totale giustizia in questa vicenda» conclude il suo avvocato.
Il 30enne abruzzese cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno, anche se rischia di perdere una stagione e quindi un importante contratto. Insomma, la carriera. «Guardiamo la sentenza in modo positivo: è stata riconosciuta la mia innocenza, anche se fondamentalmente abbiamo perso perché siamo stati squalificati lo stesso per 18 mesi – le parole di Iannone -. Questo periodo è stato il più duro di tutta la mia vita. Ho pensato di tutto. Non è stato facile, ma ogni giorno ho cercato di trovare la forza per andare avanti e dimostrare la mia innocenza. Ancora non ce l’ho fatta al 100%, ma questo è il mio obiettivo. Poi voglio tornare in moto il prima possibile».
A difenderlo anche l’Aprilia, che conferma il sostegno al suo investimento. «La sentenza ci lascia sconcertati per la pena inflitta ad Andrea ma anche molto soddisfatti nelle sue motivazioni – spiega Massimo Rivola, l’a.d. di Noale -. I giudici hanno riconosciuto la totale buona fede e la inconsapevolezza nella assunzione confermando la tesi della contaminazione alimentare. Per questo la pena inflitta non ha alcun senso. Andrea avrebbe dovuto essere assolto, ma questo quadro ci lascia tante speranze per il ricorso che auspichiamo sia molto veloce. Rivogliamo Andrea in sella alla sua Aprilia RS-GP. Saremo al suo fianco fino alla fine di questa vicenda, lo sosterremo nel suo appello».