L’Uefa dà un calcio al razzismo

L’Uefa dà un calcio al razzismo

L’emergenza sanitaria per il Coronavirus non ferma le altre grandi battaglie. Come quella contro il razzismo. Lo garantisce Aleksander Ceferin, il presidente dell’Uefa, la federcalcio europea, che in un’intervista a Sky Sports risolleva quella che reputa essere una piaga sociale, chiedendo aiuto agli Stati.

«Il problema principale del razzismo è che è nella società – sostiene Ceferin -. Abbiamo bisogno dell’aiuto delle autorità di tutti i Paesi, ma non dei politici che dicono che la Uefa deve fare di più. Sento parlare di sanzioni deboli, ma mi chiedo se gli stadi vuoti lo siano. Ora c’è una nuova procedura, si possono fermare le partite e non escludo anche la detrazione dei punti e l’esclusione delle squadre dalle competizioni se queste sono recidive. Vogliamo sostenere i giocatori che intendono uscire dal campo in caso di episodi di razzismo perché nessuno ha il diritto di insultare o umiliare le persone».

Il presidente dell’Uefa difende con orgoglio l’operato del calcio, ma chiede appunto più sostegno. «Purtroppo la percezione della gente è che non siamo abbastanza forti, ma ogni settimana lottiamo contro questi fenomeni, investiamo molto su questo problema, stiamo infliggendo tante sanzioni e le associazioni nazionali lo sanno. Poi è vero che in uno stadio di 50.000 persone, cinque idioti possono distruggere il calcio di un Paese, gente che magari è contenta di vedere che è riuscita a fermare una partita. La lotta al razzismo è una grande sfida, ma è un problema sociale, così come il sessismo, l’omofobia e così via. Non è facile combatterlo. è facile dire di sanzionare, di espellere questo o quel Paese, ma questo non vuol dire essere d’aiuto nel combattere il problema».