L’economia negli Stati Uniti dopo i dazi

I dazi imposti dal presidente Donald Trump hanno condizionato fortemente l’economia negli Stati Uniti. Ecco cosa sta succedendo ai mercati negli Stati Uniti
I dazi frenano l’economia negli Stati Uniti
L’economia negli Stati Uniti è stata fortemente condizionata dall’introduzione dei dazi da parte del presidente Donald Trump. Lo scorso 2 aprile il presidente americano Donald Trump ha aumentato i dazi a tal punto da determinare il crollo delle azioni Usa. Quando il 9 aprile le tariffe sono entrate in vigore su larga scala, il rendimento delle obbligazioni trentennali ha subito un’impennata a causa del sell-off del mercato del Tesoro. Successivamente Trump ha sospeso alcune tariffe per 90 giorni, determinando il risollevamento dei mercati azionari. La sospensione temporanea ora crea tempo per la negoziazione, nonostante i dazi più alti sono molto probabilmente destinati a essere riconfermati. Le conseguenze saranno di stagflazione a livello nazionale e di contrazione a livello globale. In sostanza la guerra commerciale di Trump fa più danni agli Stati Uniti che agli altri paesi, obiettivo iniziale del presidente americano.
L’inflazione in aumento
La politica commerciale di Trump sta dunque avendo conseguenze negative sull’economia degli Stati Uniti, con un impatto maggiore rispetto a quelle sugli altri Paesi, come dicono anche i mercati: Wall Street da gennaio è molto più in calo rispetto ai listini europei. Gli ultimi dati mostra un’inflazione che evidenzia la debolezza del settore dei servizi prima ancora che si verifichino modifiche nei prezzi dei beni. Pertanto in prospettiva per quanto riguarda l’economia negli Stati Uniti ci si aspetta una riaccelerazione dell’inflazione, seppure non si abbia idea di quanto. Sicuramente il sentimento dei consumatori sta affondando.
I mercati nell’economia degli Stati Uniti
Nonostante le oscillazioni dei prezzi, i mercati segnalano un andamento tranquillo: si registra una forte partecipazione degli investitori all’asta di obbligazioni statunitensi a 30 anni, e così per i titoli a 10 anni e per i mercati di finanziamento overnight che hanno continuato a funzionare normalmente. Per quanto riguarda il dollaro, si assiste a una riduzione del valore.
L’economia negli Stati Uniti frena la crescita
L’ottimismo sullo stato di salute dell’economia negli Stati Uniti e globale ha dunque subito una brusca battuta d’arresto. Le previsioni della Federal Reserve statunitense vedono ora una crescita del PIL dell’1,7% quest’anno, rispetto alla proiezione del 2,1% di dicembre. Gli economisti hanno alzato al 40% la probabilità di recessione negli Stati Uniti proprio a causa delle politiche commerciali. Se la vittoria elettorale di Trump a fine 2024 era stata considerata positiva per le azioni Usa e negativa per l’Europa e i mercati emergenti, in particolare la Cina, quest’anno si assiste all’esatto contrario: i mercati azionari statunitensi hanno registrato un ribasso a causa dell’escalation delle tensioni commerciali e dell’incertezza economica, che hanno finito per lasciare gli investitori con il fiato sospeso. Le guerre commerciali di Donald Trump oscurano le prospettive economiche globali, e questo spinge i gestori di fondi a prepararsi a un lungo periodo di incertezza e a indirizzare i portafogli verso nuove dinamiche commerciali e politiche. Questo si traduce in una riduzione delle previsioni di crescita economica negli Stati Uniti e nei Paesi già bersaglio delle politiche commerciali di Trump. E’ quindi molto probabile, come affermano alcuni economisti, che l’economia degli Stati Uniti determini un rallentamento significativo nel breve periodo trascinandosi dietro l’economia globale”. L’OCSE ha infatti sottolineato che “un aumento maggiore e più ampio delle barriere commerciali colpirebbe la crescita in tutto il mondo e aumenterebbe l’inflazione” e che “un’inflazione più alta del previsto spingerebbe a una politica monetaria più restrittiva e potrebbe dare origine a un repricing dirompente nei mercati finanziari”.