Il Coronavirus riporta in auge Facebook e i Social
In tempo di guerra contro il nemico invisibile che si chiama Covid-19 scoppia la pace tra il mondo e i colossi dei social. L’inversione di tendenza è chiara. Dopo anni di beatificazione e l’inversione di tendenza, fino alla rabbia degli ultimi tempi, con Facebook e compagnia accusati (giustamente) di sorvegliarci, succhiarci i dati, sfruttarci insomma, con tanto di legislatori all’opera per frenare questo trend e ridarci l’agognata privacy, ecco che la quarantena da virus ha cambiato rapidamente tutto.
Essere richiusi in casa ha fatto riscoprire a tutti il lato buono e bello di Internet: comunicare. Anche la parola “social” ha riassunto il significato originale: socializzare. Certo, gli haters esistono ed esisteranno ancora, ma per centinaia di milioni di persone Facebook e compagnia sono tornati ad essere quello per cui sono (nelle promesse) nati: uno strumento di comunicazione, un modo di cancellare la solitudine e unirsi a distanza. Distanti ma uniti, davvero. Anche il tanto bistrattato Amazon è diventato vitale, l’unico modo con il quale procurarsi in modo sicuro cibo e altri beni vitali.
A riconoscere tutto questo è per primo Steven Levy, la voce americana più apprezzata del giornalismo che non fa sconti ai colossi del Tech. «La pandemia non rende neanche una delle contestazioni ai giganti del tech meno valida di prima – scrive Levy -. Sono tuttora agenti del capitalismo della sorveglianza che evitano di pagare la loro giusta quota di tasse e abusano della loro forza sul mercato. Noi giornalisti dobbiamo continuare a raccontarli aggressivamente e scetticamente. E c’è ancora bisogno di leggi che proteggano la privacy dei cittadini, favoriscano la concorrenza e richiamino questi giganti alle loro responsabilità . Ma la spinta in questa direzione non è sostenibile in un momento in cui, per puntellare in qualche modo le nostre vite compresse, siamo disperatamente dipendenti da ciò che hanno costruito. E contenti che l’abbiano fatto».