Fukushima, il piano di smaltimento infastidisce la Cina | SubitoNews

Fukushima, il piano di smaltimento infastidisce la Cina

Fukushima, il piano di smaltimento infastidisce la Cina


Risolvere i problemi causati da un disastro nucleare non è mai facile. Lo sanno bene in Giappone, dove nel 2011 un violentissimo terremoto ha causato gravi danni alla centrale nucleare di Fukushima, costringendo il paese a evacuare circa 184mila persone. Le radiazioni rilasciate nella zona sono ancora oggi altissime. Ultimamente è tornata a far parlare di sé. Infatti, la società che gestisce la centrale ha presentato un nuovo piano per lo smaltimento dell’acqua utilizzata per raffreddare i reattori danneggiati. Lo stesso prevede che verrà scaricata attraverso un tunnel sottomarino. La Tepco, l’azienda responsabile del progetto, garantisce che effettuerà il rilascio in una zona lontana da quelle di pesca e che, in caso, ricompenserà eventuali perdite nelle vendite del pesce. La situazione però non convince i più. Infatti, già in passato l’azienda si era resa protagonista di mancati risarcimenti e la paura dei pescatori locali è che la storia si ripeta.

Fukushima, il piano e le opinioni internazionali

Il progetto prevede l’utilizzo di osmosi inversa per rimuovere gli isotopi radioattivi ma ciò non riesce a eliminare il trizio. Qui nasce la polemica. Anche la Cina, che osserva da molto vicino la situazione, è decisamente contraria. Da sempre, infatti, il paese con capitale Pechino è contraria agli sversamenti in mare e già nel recente passato ciò aveva creato diverse incomprensioni. Il 26 agosto i marines statunitensi hanno scaricato nelle fogne di Okinawa dell’acqua contaminata da perfluorootano solfato, una sostanza chimica potenzialmente pericolosa proveniente da una base militare americana in Giappone. I rappresentanti di Tokyo considerarono l’azione come un vero e proprio oltraggio. Gli impianti di trattamento della zona, infatti, non sono adatti a ridurre la concentrazione di Pfos. La Cina però accusa anche il Giappone di preoccuparsi solo dell’inquinamento del proprio ambiente ecologico, lasciando da parte la protezione degli oceani che impattano a livello globale.