I dazi e gli accordi fra USA e UE
La questione dei dazi è sorta all’indomani della vittoria di Donald Trump alle elezioni americane dello scorso novembre. Da allora il tema è diventato universale: tutto il mondo si è chiesto cosa fossero i dazi, a cosa servissero, chi li avrebbe pagati.
Con l’introduzione dei dazi la Casa Bianca mira a riequilibrare la bilancia commerciale. Solo nel 2024 gli Stati Uniti hanno importato dall’estero merci per 3.269 miliardi di dollari, rivendendone per 2.084 miliardi: un disavanzo di 1.212 miliardi. Per Trump l’introduzione dei dazi, che renderebbe più costosa le merce straniera, dovrebbe in teoria incentivare la produzione americana e aumentare quindi i posti di lavoro nella manifattura. Negli ultimi cinquant’anni infatti questo settore è sceso dal 24 all’8% dell’occupazione negli Stati Uniti.
Chi paga i dazi?
I dazi vengono riscossi al momento dell’ingresso negli Stati Uniti, alla dogana. L’azienda produttrice a quel punto potrebbe decidere di assorbire i dazi, rimettendoci degli utili, temendo che un aumento dei prezzi potrebbe scatenare la concorrenza al ribasso da parte di altri Paesi. Oppure può mantenere i prezzi invariati scaricando il maggior costo sugli importatori e i consumatori: politica che può essere adottata da chi ritiene di avere un prodotto insostituibile o clienti di nicchia, in grado di assorbire l’aumento dei prezzi.
Fra le due possibilità, assorbire i dazi o scaricare il maggior costo su importatori e consumatori, la gran parte delle aziende europee probabilmente opteranno per ina soluzione intermedia: tenderanno cioè a ripartire l’aggravio fra distributore e cliente.
Il precedente nel 2018
Per capire se i dazi rilanceranno la manifattura americana come negli obiettivi di Trump, è ancora molto presto, ma si può guardare al precedente del 2018, quando nella precedente legislatura Trump mise i dazi fino al 50% sulle lavatrici: misura che restò in vigore fino al 2023 e che fece salire il prezzo dell’elettrodomestico del 34%, ossia più del 23% dell’inflazione generale. Significò cioè una spesa extra per i consumatori americani di 1,5 miliardi. Tuttavia nello stesso arco di tempo fra i produttori di lavatrici si crearono 1800 posti di lavoro in più. Tuttavia, eliminati i dazi, l’importazione di lavatrici negli Usa è tornato sopra ai livelli del 2018.
L’impatto dei dazi sui prezzi negli Usa
Finora negli Stati Uniti si è registrato un aumento dei prezzi contenuto. A giugno l’inflazione si è attestata a +2,7%, forse anche perchè le imprese non hanno ancora alzato i prezzi o perchè hanno fatto scorta di merci prima del Liberation Day del 2 aprile. Scorte che generalmente non durano più di tre mesi circa. Pertanto l’impatto dei dazi potrebbe avvertirsi nella prossima seconda parte dell’anno, con un cambio di politica da parte delle aziende importatrici. Fra gennaio e giugno le entrate doganali statunitensi sono quasi raddoppiate, registrando i 108 miliardi, con una previsione a fine anno di 300 miliardi. Sempre che le importazioni e i consumi non si riducano.
L’accordo fra USA e UE
L’accordo fra Stati Uniti e Unione Europea prevede un dazio generalizzato del 15% sulle importazioni europee negli Stati Uniti con alcune eccezioni che sono ancora da negoziare. In cambio l’Unione Europea si è impegnata a comprare petrolio e gas americani per 250 miliardi l’anno e a investire 600 miliardi in armamenti.
Esportazioni in Usa in aumento
Quando Trump minacciava i dazi al 30% e al 50%, le previsioni per l’economia italiana erano molto incerte. Invece temendo la stangata Trump, le esportazioni italiane negli Stati Uniti sono volate, migliorando le prospettive di crescita del 2025, alla fine, per tutta la zona euro (+1% nel 2025, contro lo 0,8% stimato dal Fmi ad aprile).
