Boxe: un agricoltore accusa Fury di frode sul doping
Nell’epoca del Coronavirus non cambiano i cattivi costumi del doping, l’ultima trovata per scampare dalla squalifica l’avrebbe trovata Tyson Fury, il 31enne pugile britannico risultato positivo nel 2016 al nandrolone (uno steroide anabolizzante) in un controllo dopo il combattimento con Wladimir Klitschko per il titolo mondiale unificato dei pesi massimi. Il campione Wbc s’è sempre difeso di aver mangiato inconsapevolmente carne contaminata con steroidi di crescita. Una vecchia scusa. Per sostenerla avrebbe promesso 25.000 sterline (circa 27.500 euro) a un agricoltore del Lancashire per affermare di aver fornito a lui e a suo cugino cinghiale o maiale non castrato, quindi contaminato. Cosa che Martin Carefoot avrebbe fatto con una testimonianza firmata consegnata agli avvocati del pugile e all’Ukad, l’agenzia antidoping britannica: «Ho fornito al Team Fury una serie di carni e frattaglie tra cui cinghiali e maiali» si legge.
Ora però il contadino avrebbe ritrattato. Motivo? Non ha mai ricevuto il denaro pattuito da Fury, che nel frattempo è risultato positivo anche alla cocaina e sospeso per due anni retroattivamente, cosa che gli ha permesso di tornare sul ring il mese scorso e sfidare vittoriosamente Deontay Wilder. A darne notizia il “Daily Mail”, che cita anche una dichiarazione dell’Ukad: «Esamineremo sempre qualsiasi prova potenziale in relazione a qualsiasi reato di doping e indagheremo se necessario». Nessun commento da parte del pugile, difeso però dal suo promoter Frank Warren, che però all’epoca dei fatti non lavorava lui. «Queste accuse sono completamente infondate e diffamatorie – ha detto Warren -. Abbiamo a che fare con un uomo (il contadino Carefoot, ndr) che è un bugiardo patentato. Tyson ha mai avuto una conversazione con quest’uomo? Quale presunto membro del team Fury ha avuto ci ha parlato? E’ la parola di un bugiardo. Stava mentendo allora o sta mentendo ora? E’ uomo pronto a commettere falsa testimonianza».