Case farmaceutiche, chiesta l’esenzione dalla tassa minima
Sono una delle industrie più potenti del mondo ed è forse anche per questo che le case farmaceutiche continuano a far discutere. Dalla pandemia di Covid queste hanno avuto un boom dei profitti, soprattutto grazie ai vaccini. Pfizer ad esempio ha ricavato 26 miliardi di dollari aggiuntivi legati alle vaccinazioni anti Coronavirus. Moderna, invece, ha quadruplicato il suo valore in borsa. La pandemia ha costretto tutto il settore a sforzi importanti, per studiare, sviluppare e produrre vaccini su larga scala in pochissimo tempo. Per questo motivo, le case farmaceutiche hanno chiesto l’esclusione dall’accordo globale sulla tassazione delle multinazionali.
Case farmaceutiche, cosa prevede la richiesta
L’accordo prevede un’aliquota minima globale del 15% e servirebbe a vanificare i benefici dei paradisi fiscali. L’apparato farmaceutico ha quindi chiesto di uscire da questo accordo e sta facendo pressioni all’America e all’Unione Europea. Le società, guidate da Pfizer e Johnson & Johnson, vogliono far leva sul ruolo avuto nel contrasto alla pandemia, per evitare di perdere centinaia di milioni di dollari di tasse ogni anno. Bisogna però ricordare che buona parte dei costi per la produzione dei vaccini sono stati coperti dai governi, che hanno firmato dei contratti a scatola chiusa. Un altro punto che va contro la richiesta effettuata è la tassazione degli anni precedenti delle case produttrici dei farmaci. Infatti, grazie allo spostamento degli utili da un paese all’altro, Pfizer ha subito un prelievo fiscale medio del 5,8%, mentre per J & J siamo sul 10,8%. Tasse già di per sé molto basse, per chi fattura miliardi di dollari ogni anno.