Il ritorno di Silvia Romano: «Ora sono Aisha, mi sono convertita all’Islam»
Il rientro in Italia di Silvia Romano, la volontaria rapita 18 mesi fa in un villaggio del Kenya e liberata vigino a Mogadiscio, la capitale della Somalia, ha fatto breccia in mesi di notizie negative legate solo alla pandemia da Coronavirus. L’arrivo all’aeroporto di Ciampino, con l’abbraccio (comprensibile nonostante il distanziamento e delle protezioni) alla famiglia, e soprattutto il ritorno a casa, nel quartiere Casoretto di Milano tra campane a festa e applausi dai balconi, hanno mostrato la nuova veste di cooperante milanese della onlus “Africa Milele”, come annunciato da lei stessa: «Ora mi chiamo Aisha. Mi sono convertita all’Islam, è stata una mia libera scelta» sono tra le prime parole pronunciate da Silvia, vestita in una lunga tunica verde che le copriva tutto il corpo eccetto la faccia, per altro mezza coperta dalla mascherina.
«Sono serena. Durante il sequestro sono stata trattata sempre bene» ha raccontato Silvia Romano ai magistrati della Procura di Roma e agli inquirenti del Ros in un’audizione di 4 ore svolta in una caserma dell’Arma a Roma prima del rientro a Milano. Silvia era stata rapita il 20 novembre del 2018 in Kenya, nel villaggio di Chakama, a 80 chilometri da Malindi. Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Roma e dai carabinieri del Ros, era tenuta prigioniera in Somalia da uomini vicini al gruppo jihadista Al-Shabaab, l’organizzazione somala affiliata ad Al Qaeda e considerata “ostaggio politico”. La cooperante ha affermato di non aver subito violenze e di non essere stata costretta al matrimonio, smentendo le voci che si erano diffuse nei mesi scorsi.
«Mi avevano assicurato che non sarei stata uccisa. E così è stato. In questi mesi sono stata trasferita spesso e sempre in luoghi abitati, alla presenza degli stessi carcerieri. Mi hanno portato in varie case, mi rinchiudevano nelle stanze ma mai da carcerata» ha proseguito il racconto, spiegando la sua conversione all’Islam. «È stata spontanea, una mia libera scelta. È avvenuta a metà prigionia, quando ho chiesto di poter leggere il Corano. E sono stata accontentata».